Uno

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venerdì 2 ottobre 2015

Moda, realtà e finzione.

Tempo d’autunno, tempo di rientro. La rentrée. Tempo di verità. La città, il lavoro, il negozio, lo studio, l'ufficio. Il peso enorme di doveri, di compiti, di rapporti obbligati, di convenzioni da rispettare. Prima, invece, la passeggiata solitaria nei sentieri, il tuffo nel blu, il fruscio delle vele e delle ruote della bicicletta, la corsa del cane, o semplicemente l’ozio sul balcone di una periferia solitaria e inedita. La libertà. Improvvisamente ora la maestosa e amica natura dei boschi e del mare, dei fiumi e della rocce cambia respiro e diventa cittadina. Un’artificiale natura umanoide inventata dall’uomo dove asfalto e cemento, tram e auto e moto sono rapidi contenitori e veicoli di un’umanità metropolitana fatta di persone indaffarate e veloci nevrotizzate da un continuo contatto con altre, grazie alla protesi del telefonino, un via vai incessante di voci, di numeri, una selva di strade e semafori, un puzzle di orari incrociati e di spostamenti stressanti, abito qui ma lavoro là, io abito là ma lavoro qui. Tu vai e io vengo. Non c’è più tempo per niente, tutto è saturo, anche il cervello. Un peso quotidiano che si aggiunge al peso del lavoro, tiranno da otto ore in su. Ma peggio del tiranno lavoro c’è l’obitorio della psiche, il non lavoro, il tempo che diventa gratuito e trasparente, come l’acqua e l’aria, come il nulla del non fare. Dunque, per fortuna, il lavoro c’è, dove c’è, agognato tiranno. E dove c’è lavoro ci sono altri uomini e donne e ragazze, e la vita è comunque vibrante, un ping pong di contatti e di speranze. Facce, voci, gesti e vestiti. Dove c’è gente c’è il vestire, dunque la moda, e la non moda, ma sempre vestire. Persone e personalità, esuberanza e discrezione, timidezza e eccesso. Tempi difficili per l’economia, magri per il portafoglio, vetrine per tutti moda per pochi... Tempi di invidia per troppo denaro facile, tempi di attesa per un futuro sempre in arrivo ma su un binario sconosciuto. Almeno con il vestire si comunica esteriormente chi siamo o chi vorremmo essere o non essere. La libertà nell’abbigliarsi mai è stata disinvolta come oggi e consente a tutti di essere immagine di se stessi secondo i propri gusti. Immagine e finzione, magari fuori diversa da dentro, magari ambigua, magari volutamente falsa e fuorviante, comunque scelta e voluta. Ecco la potenza del vestire, e la Moda che la rincorre: non illuderti guardandomi, può darsi che io non sia come ti sembro… Tempi difficili di verità quotidiana collettiva e di apparenza estetica personale, con il vestire e non solo. Vieni avanti fantasia… Tu, ma solo per me. Fammi vivere, non sognare!

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