Uno

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giovedì 29 ottobre 2015

Cafoneria e arroganza ad alta quota. Il trilocale in volo con maggiordomo. La pornografia del lusso pubblicizzata da Nicole Kidman. Ecco perché il futuro è già finito e il presente si chiama vergogna.


Un forte conato di vomito mi ha assalito oggi vedendo una pagina pubblicitaria rivoltante, un vero esempio di pornografia del lusso, qualcosa di orribile e pericoloso per il ben pensare (quel poco che è rimasto) della gente normale quella che vive e lavora senza retorica, non parliamo dei pensionati da 500 € mensili, ma delle persone che faticano più o meno per guadagnare più o meno. Diciamo il cittadino medio.
Allora: la foto ritrae la leggiadra Nicole Kidman, piuttosto inquieta a dire la verità(certamente teme l'arrivo dell'inguardabile titolare di tanta volgarità a pagamento), seduta su un letto con bianchi cuscini pronti ad accoglierla presumiamo per il dolce sonno che la attenderà (sola?). Nicole è seduta sulla coperta con i piedi nudi contravvenendo alla prima regola del lusso volgare che dice che sui sofà e sui letti i piedi sono sempre armati di scarpe che nella pubblicità non sporcano mai niente e comunque anche se sporcano paga il cliente, provate a farlo a casa vostra!... Il letto però non è quello del loft di un mobiliere di design ma un qualcosa che assieme all'intero contesto risulta davvero incredibile per l’arroganza e la cafoneria di chi lo ha concepito, per chi lo ha commissionato, per chi l’ha realizzato e infine per chi lo ha messo in funzione in quello spazio. Perché il letto è uno dei mobili di “tre stanze da sogno. Living indipendente. Bagno privato con doccia. Camera da letto matrimoniale. Maggiordomo personale!." Il maggiordomo???!!!Che cosa fa il malcapitato, si butta col paracadute per andare a comprare i giornali?? Ma allora perché lo straordinario trilocale con servizi può sembrarci essere tanto offensivo? Perché non si tratta di un appartamento in offerta in qualche nuova design –tower di archistar in voga. E’ invece uno spazio disponibile sulle Etihad Airways “sugli A380, aerei che volano tre volte (tre volte!) al giorno tra Londra e Abu Dhabi e ogni giorno tra Abu Dhabi e Sydney”. Cioè, uno in volo, bevendo un whisky nel living, chiama il maggiordomo e si fa preparare il bagno prima di andare a letto, immagino con che tipo di donna (o uomo)… Ma questo stile di vita volgare e offensivo che la tecnologia ci propone per chi è? Non certo per i passeggeri di normali voli di linea con le ginocchia rattrappite per le torturanti micro distanze tra le file di sedili e il gomito a gomito con il vicino ciccione magari anche poco profumato. Per questi passeggeri, i centimetri sono centimetri e basta. Ma ci chiediamo ingenuamente, come bambini davanti a dolci mai visti e proibiti, chi può viaggiare così, quanto può costare un appartamento in volo con donna o uomo al seguito? E ingenuamente ci rispondiamo da soli: mafiosi, criminali della finanza, trafficanti di armi e di droga, oligarchi fannulloni, magnaccia della prostituzione, dittatori di stati e staterelli con cittadini sottomessi e brutalizzati, o magari l'incredibile lady Asma moglie del macellaio Assad che brucia, bombarda e uccide col gas il suo popolo e i suoi bambini distruggendo case e culle e scuole. … tutta gentaglia che nel nostro gravissimo e doloroso momento storico fa del male all’umanità, con questi comportamenti e con questi esempi… E questa è Etihad la socia salvatrice di Alitalia, la nostra, negli anni, rapinata e saccheggiata compagnia di bandiera. Licenziamenti e champagne… ad alta quota la mafia dorme, a terra la mafia ruba. E noi continuiamo a sognare… non il pied à terre aereo, ma il mutuo per il piccolo pied à terre terreno dove sperare che questa orrenda realtà finisca assieme a chi queste volgarità le ha pensate e le fa vivere, senza vergogna… se non la nostra.




sabato 24 ottobre 2015

Liguria. La via degli Immamorati della spazzatura e i soldi sprecati per toglierla. Italiani brava gente puliti in casa sporchi fuori. L’odio per il bello e l’esempio francese di come si può amare la propria città e il proprio territorio.


Il Sindaco di una ridente (si fa per dire) cittadina ligure, Imperia se non sbaglio, aveva appena inaugurato con legittimo orgoglio e fascia tricolore la rinnovata Via degli Innamorati costata al Comune oltre un milione di euro (che non è poco) restituendo ai cittadini, anche non innamorati, un suggestivo percorso profumato dai pini e arieggiato dalla brezza marina della cerulea costa imperiese, quando a pochi mesi dall’avvenimento festeggiato giustamente dagli applausi della cittadinanza, è scoppiata la notizia del disastro annunciato. L’inebriante passeggiata è infatti già invasa da ogni sorta di spazzatura, sterpaglie e cartacce, i muretti qua e là sono danneggiati, bivacchi di appassionati di birra e relative bottiglie spaccate a terra, gareggiano con le olezzanti deiezioni canine che abbondano e si accumulano di giorno in giorno, una concimazione non richiesta per dimostrare che tutto ciò che è naturale fa bene alla vista e all’olfatto, oltre che collaudare la suola delle scarpe…
Non conosciamo le reazioni del Sindaco e del Consiglio Comunale davanti a questo caso di ignorante disprezzo per il bene e la bellezza pubblica, un caso come migliaia di altri in Italia, mille altri paesi e cittadine e città (Milano, Roma, Napoli e Firenze e Palermo e così via…) non ne sono indenni, anzi...  viene vandalizzano sistematicamente dappertutto tutto quanto è rifatto costosamente e bene a carico dei cittadini.
Però ci permettiamo di dare un consiglio, modesto e concreto ai nostri malcapitati gestori della Cosa Pubblica. Primo: non rubare perché se no si passa dalla parte del torto e chi sporca non paga. Secondo: non farsi illusioni sull’amore degli italiani per il loro habitat. Lo disprezzano, lo sporcano, lo sviliscono, lo offendono, lo imbrattano, lo deturpano, lo danneggiano… Lo odiano. Dunque: non spendere mai, mai investire in bellezza. Meglio finanziare qualche concerto di chitarristi scalzacani che ubriacano qualche centinaio (miglaio?!) di giovani con le braccia alzate, oscillanti verso il nulla che li attende domattina. Meglio qualche concorso di miss lungacoscia buonboccone che rifare spiagge e muretti per dare armonia e dignità ai luoghi che ci circondano. E soprattutto meglio continuare a cementificare selvaggiamente il territorio, la Liguria in particolare, la più devastata, forse, delle devastate nostre regioni da un’edilizia cinica e ignorante e abusiva che brutalizza senza pietà luoghi e panorami da più di cinquant’anni. E così senza intelligenza alcuna è stato distrutto anche il turismo. Il rimedio per i nostri occhi, la nostra mente, per il nostro gusto? Andare per esempio a mezz’ora di distanza dalla terrificante Ventimiglia, il brutto del brutto, con il bello che possiederebbe imbruttito anch’esso dagli uomini, più che dal tempo, e entrare in Mentone, Francia, primo saluto della Costa Azzurra…. Fiori, pulizia, armonia, piacere dell’ordine, amore per il bello anche nei più insignificanti (per noi) dettagli. Candele sui tavoli dei ristoranti, camerieri gentili e professionali al servizio del turista sempre ben accolto, città ordinata e rispettata dai suoi abitanti. Che dire, che fare? Niente, per carità a noi piace così,… ci innamoriamo dei cassonetti sfasciati, dei sacchetti di plastica in spiaggia e delle scritte idiote sui muri. Anche lo schifo ha il suo fascino, parola di italiano… Senza offesa per nessuno, indagati permettendo.

sabato 17 ottobre 2015

Incapaci, furbi, ignoranti, in malafede, sadici? L'idiota tabellone delle partenze della Stazione Centrale di Milano (e anche delle altre purchè italiane...) Tutti in piedi, tutti scomodi, tutti affannati...


Alle FFSS di un tempo, ora più modernamente Trenitalia, sotto sotto prudeva il fatto di non poter essere almeno in stazione come in aereoporto. Va bene che i treni non hanno le ali e che i vagoni non hanno le cinture di sicurezza ma almeno un po’ di gente in piedi che guarda attenta il quadro partenze e arrivi, luminoso come a Malpensa, questo sì, si può fare. Ed eccoci a oggi…basta con le consuetudini e le certezze offerte dalle vecchie FFSS in tema di binari e di partenze e arrivi…sempre lo stesso binario per il Milano-Roma e così via, un numero fisso e sicuro, il Binario 18 per Bologna, il 7 per Venezia e avanti andare… e così anche per i passeggeri d’antan che con le loro valigie senza ruote si avviavano al binario giusto (consultando magari un bel tabellone stampato con tutti i numeri e i treni in colonna per ora di partenza e arrivo), e lì aspettavano di salire, i più ansiosi un po’ di tempo prima, oppure lì aspettavano i loro cari in arrivo da Molfetta, sicuri che il binario fosse quello scritto e fissato anticipatamente dal previdente e ben preparato personale FFSS.
Ma perché tutta questa comodità per il pubblico, con tutte le persone tranquille in attesa sul loro binario consueto? Che gusto c’era a non rompere gli zebedei a chi è stracarico di pacchi, valigie, bambini e suoceri malandati? E poi esteticamente e modernamente che Stazione è se non c’è gente in piedi e soprattutto inquieta e incerta? E così i modernamente incompetenti o competenti sadici hanno vinto la loro idiota partita…. Quadri luminosi, tipo aeroporto!, indicano ora di partenza e binario ma non te lo dicono fino all’ultimo degli ultimi momenti e così l’obiettivo è raggiunto… La gente è in piedi, tutti attenti come pointer in fase di punta a guardare da che cavolo di binario parte il Milano-Napoli, che pure fa parte di quella dorsale appenninica di alta velocità percorsa da frecce sibilanti, fortemente voluta dall’ing. Moretti che se n’è andato lasciando dietro di sé il peggio delle ferrovie europee, vedi Liguria, vedi il sud che non hanno dorsali ma ne hanno le scatole piene di questi treni fatiscenti, sporchi, in perenne ritardo...  Con toilette (si fa per dire) da intervento dell’ ASL se non della Procura della Repubblica per pericolosità antigienica e mancanza di servizi essenziali a bordo (neanche una bottiglietta d’acqua su percorsi di quattro ore!) Ma torniamo alla Stazione Centrale di Milano e finalmente al sadico piacere del personale responsabile del traffico. Una folla ammassata in piedi davanti ai super tabelloni che all’ultimo istante ti dicono dove devi correre con bagagli e famiglia, in piedi anch’essa perché altri sadici malriusciti architetti urbani hanno posizionato poche sedie, che invece potrebbero (le vecchie sale d’attesa) far attendere un po’ più comodi questi rompiballe di passeggeri che vogliono prendere il treno anziché andare nelle boutique interne a comprare Acqua di Giò o mutande Calvin Klein. Il motto attuale di Trenitalia e Grandi Stazioni: “tutti in piedi, tutti scomodi… vi teniamo in pugno!”
Il pensiero dei viaggiatori : ma questi sono solo incapaci o sessualmente pericolosi in quanto sadici? E perché non vanno in Germania o addirittura in Giappone a vedere cos’è un binario con scritti a terra i numeri dei posti indicati sul biglietto? Quel che conta è la dorsale appenninica veloce, la dorsale dei passeggeri deve invece essere lenta e paziente… E intanto sul binario zero sta fermo e inerte il Gran Vagone dell’incapacità.


venerdì 9 ottobre 2015

Telegiornali e telerecite. Mezzibusti e mezzebusto. Un uomo solo al comando: Mentana

I mezzibusti e le mezzebusto televisive che ci affliggono con le notizie dei telegiornali hanno una caratteristica in comune: non sono adatti al loro lavoro. Uno solo si distingue assieme a due signore normali e ascoltabili, umane porgitrici di fatti del giorno della 7: il gigante della notizia si chiama Enrico Mentana, un uomo solo al comando del video l'unico che non recita gli avvenimenti ma parla normalmente al pubblico raccontandoli e addirittura! commentandoli intelligentemente e pacatamente senza mai strafare. Inoltre Mentana si veste da uomo normale, più o meno lo stesso abito sobrio e più o meno le stesse cravatte, sobrie anch'esse.
Gli altri mezzibusti savianeschi(dall'indimenticabile Sergio Saviane) sono invece complici prede delle o degli stylist della RAI o di Mediaset o di chi vuoi... e della loro ostinata volontà di stravolgere tutte le regole base del buon gusto e del vestire...  Gli uomini vestiti con giacche spaventose in genere oversize e con cravatte ributtanti color singhiozzo di pesce. Il loro look varia dal tangheur argentino al Clark Gable nei film dov'era brutto sino al magnaccia albanese proprietario di tre bar e un ristorante nel centro di Milano. Le donne hanno mise variabili dall'allegro mosso all'adagio mortificato anche se in genere l'obiettivo è "tutte sexy" anche le più loffie. E così assistiamo a sciagurate pettinature a schiaffo, a madonna, a suffragetta, a pepia, a sbarazzina, a straeffe, accompagnate da un abbigliamento forzato e sforzato "stasera ti metto questo anche se non ti convince, vedrai che bello!" Agghiaccianti camicette con scollature penose su una materia obsoleta che il buon senso chiederebbe di coprire con il doveroso pudore dettato dall'età, giacche da torero o similgiacche a rigoni optical da esame della patente, colori introvabili in qualunque pantone del bel vedere cromatico, trucco in faccia da privè di gran lusso, dunque fintamente discreto ma adatto a un immediato divorzio se il marito torna a casa e vede tale disastro restaurativo in faccia a quella che era la sua compagna del mattino appena trascorso... 
A parte il loro improbabile vestire, questi uomini e donne dell'attualità serale e quotidiana, ci innervosiscono con il tono finto e recitato con cui ci ammanniscono le notizie difficilmente belle in questo periodo anche se non per colpa loro. Voci stridule, tentativi solenni che sfiorano lo shakespiriano, falsa allegria, compunzione fittizia, entusiasmo non condiviso... tutto tranne che la naturalezza... alcune poi, vedi l'ineffabile direttora Berlinguer non riescono proprio a guardare in faccia questo disgraziato telespettatore... leggono, inciampano nelle parole, alzano gli occhi un istante terrorizzate di perdere il filo del discorso e dimenticare che il Papa era a New York e non a Matera. 
Una massa di malriusciti personaggi pagati come professionisti dell'informazione.
Consiglio amichevole di uno spettatore qualunque: "Guardatevi allo specchio signori mezzibusti e signore mezzebusto ammobigliati da persone che non vi vogliono bene, giudicatevi da soli e prendete personalmente  una decisione seria: Mentanizzatevi, Mentanizzatevi, qualcosa di decente rimarrà."

martedì 6 ottobre 2015

Shopper

Mi chiamo Punjab-Kay sono indiano e ora vivo in Italia, a Milano, capitale della moda e dell'immigrazione clandestina, grazie alla quale ho potuto da Lampedusa arrivare sin qui dopo uno sbarco terrorizzante e angoscioso (il CTP, Centro di Prima/ Accoglienza/ Detenzione) e successiva e molto pericolosa fuga notturna, attraverso campi e case. Un viaggio in mare che per chi non sa nuotare, come me, è stato uno spaventoso passaggio attraverso la morte che ho visto mille volte in faccia con le sue unghie spumeggianti pronte a ghermirmi tra gli urli delle onde e quelli dei miei disgraziati compagni e, alla fine, tra quelli del megafono della Guardia di Finanza che ci ha salvati disidratati e sporchi sino al collo delle nostre deiezioni, tremanti di freddo e grigi di paura. Il viaggio l'ho comunque già pagato quasi tutto, su mille euro, una fortuna!, al turco ne devo ancora trecento, ma da parte ne ho già centottanta, quindi la posizione non è così male. Dunque, ripeto qui il racconto della mia situazione attuale, più o meno la stessa che ho fatto a un cronista di un quotidiano che però mi sembrava più curioso personalmente che professionalmente, essendo lui dubbioso già in partenza sulla possibilità che il suo giornale pubblicasse un articolo così crudo a proposito di insediamento e integrazione di gente come me in mezzo a gente come lui, due mondi troppo diversi. Allora il fatto è che, a parte il mio debito con il trasportatore turco via mare, e quello terrestre con gli albanesi del camion di verdura, pagati subito, e prima di partire da Catania per arrivare a Bergamo, con loro non si scherza e non si ragiona, meglio non avere rogne, io sono uno di quelli che dice che a Milano si sta bene, per tutto. Intanto per la pulizia che non è così rigorosa e che  con tutti gli sfregi sulle case si presenta a noi con un'aria familiare non distaccata, ma umana di un vissuto trascurato e rabbioso che è proprio lo stato d'animo che  all'inizio noi, uruguayani, cinesi, filippini, albanesi, ucraini, indiani come me, sentiamo dentro il nostro cuore , e i nostri pensieri anch'essi infreddoliti da questi inverni che solamente costose bombole di gas ci consentono di affrontare per sopravvivere a una serie di mesi gelidi che non finiscono mai. Un'altra ragione del mio star bene qui, a parte il poco decoro e la scarsa manutenzione della città che sono un fatto di immediata congenialità estetica alla mia allegra incultura cittadina, è la possibilità di lavorare molto bene, in nero e senza problemi, questo anche per l'abitazione, purché si dimostrino disponibilità e iniziativa. Qui si può trovare rapidamente un buon rifugio, se si ha la giusta capacità di adattamento. Io, ad esempio, anzi noi, perché per dividere le spese siamo in tre, due indiani e un filippino che vende in Galleria topini elettronici con gli occhietti rossi che lampeggiano emettendo uno strano cri cri che piace tanto ai bambini, abbiamo trovato un ottimo sottobox, sotto perché ci si arriva da un box scendendo con una vecchia scala di legno da muratore. Qui si può dormire, magari con poca aria ma senza rumori (quello con la Mercedes arriva sempre entro l'una e poi sino alle dieci del mattino non lo sentiamo più). Sono dodici metri dove abbiamo sistemato tre brandine, i ganci dal soffitto servono per i vestiti, per lavarci andiamo su nel box dove c'è un piccolo lavabo e la pompa per le auto che può essere usata per i piedi e il resto, ci si aggiusta come si può. Per il sottobox, richiestissimo e ambito da molti, paghiamo cento euro al mese, compresa la luce ( attaccata dal portinaio a quella del condominio) , escluse le bombole. Il padrone non l'abbiamo mai visto, i soldi li dò io a un ragazzo amico del portinaio che li dà lui al proprietario. Nessuno ci può scoprire né dire niente, perché paghiamo puntualmente, solo una volta siamo rimasti indietro di venti euro perché al filippino li aveva trattenuti il suo fornitore, il cinese, si trattava di topini difettosi e non venduti. Per me, questo affitto va benissimo, anzi è poco, perché adesso sto guadagnando molto bene, grazie a un'idea che mi sta trasformando in imprenditore con grandi soddisfazioni. Dunque, essendo io abitante di una traversa di via Manzoni,  ho notato subito dal mio arrivo che qui ala gente, ma anche la più normale, non voglio dire proprio povera, ama farsi vedere magari per quello che non è, più ricca e spendacciona rispetto alla sua modesta realtà economica. Questo farsi vedere è soprattutto dato dal vestire, dalla moda, che purtroppo è costosissima, con un solo giacchino ci si pagherebbe il viaggio in mare, addirittura su una comoda petroliera nigeriana.  Dunque ho anche visto e capito la vera sofferenza che il sabato e la dominica si legge negli occhi degli abitanti dei paesi e delle periferie, e poi non solo loro, anche impiegati, professori, ceto cosiddetto medio, che guardano le scintillanti vetrine de prèt à porter, delle scarpe e delle borse, abiti, cinture, stivali, sapendo di non poterli comprare. Mentre invece le persone, più o meno ricche che passeggiano con grandi borsoni dopo aver acquistato, osservano la loro evidente impossibilità economica che li mortifica di fronte a questo grande desiderio non esaudito. Vedendo tutto questo ho pensato allora che il prodotto che mancava a Milano era l'Apparenza, fonte di felicità e di soddisfazione per tutti. E mi sono messo io a produrla, l'apparenza. Ho iniziato facendo favori e piccoli lavoretti di pulizia, sbrigando commissioni e passeggiate al cane e altre piccole incombenze per i direttori e i commessi dei negozi lussuosi, quelli del quadrilatero, e per le loro portinerie. In cambio anziché soldi, chiedo borse, quelle di carta e stampa raffinata, con il marchio ben visibile, Prada, Gucci, Fendi, Armani, Dolce & Gabbana, Dior, Hermès, Tod's. Gli shopper, bellissimi, nuovi, di tutti i formati e di tutti i colori. Poi nel sottobox con la carta  (pulitissima solo giornali arretrati come nuovi) io e i miei amici gonfiamo e riempiamo queste borse come se dentro ci fosse roba vera, moda carissima. Confezioniamo un vero spettacolo di griffe impacchettate  e mai acquistate, pronte da far vedere a tutti passeggiando e prendendo, se si può, il caffè da Cova, St. Ambroeus e in San Babila. Le borse, irresistibili da esibire, le affitto a ore, cinque euri un'ora, due ore nove euri, pomeriggio forfait dodici euri. Un successone. La mia clientela, felice finalmente di passeggiare con l'agognato simbolo del potersi permettere, è cresciuta molto bene, anche come qualità soprattutto negli altri giorni della settimana. Non solo la classe periferica, ma anche quella media impiegatizia o di alta disoccupazione, gente che sa scegliere bene la griffe  e la borsa più adatta alla propria personalità. Una clientela che mi restituisce la borsa in perfetto stato (mi faccio sempre lasciare come cauzione un documento) e paga senza fiatare. Adesso i direttori dei negozi e le portinaie mi chiedono qualcosa di più per darmi i loro shopper, però ho saputo che tra di loro  ne hanno parlato concludendo che questa in fondo è tutta pubblicità per i loro negozi. Andiamo bene, quindi, anche se io, per premunirmi, ho già contattato chi mi può fornire direttamente gli shopper, però pagandoli in euri e non con i nostri lavoretti. Vedremo. Comunque il lavoro c'è, e sto mettendo insieme una piccola rete per affrontare altre interessanti città, Lodi, Pavia, Bergamo dove il passeggio non solo di  fine settimana è altrettanto intenso che a Milano. Iniziativa, dunque, e serietà professionale, Milano, non tradisce mai e premia come sempre la laboriosità e la costanza. Però un imprenditore, proprio quando ha successo, non deve fermarsi mai su se stesso e sul suo prodotto. Per questo sto studiando nuove merceologie con i loro relativi imballi. Dall'alimentare e gastronomia, Peck, Principe, sino alla pasticceria, Cova, St. Ambroeus, Godiva. Pacchetti, pacchettini, confezioni scintillanti e lussuose che dai primi sondaggi avranno certamente successo. E forse, presto, il trasloco, dal sottobox a una vera cantina, con griglia sul cortile, solo per me, senza debiti, senza ragazza, ma con un solido futuro, quello dell'Apparenza. Questa è la storia di un successo e di un'idea, la mia, quella di Punjab-Kay, detto Shopper da chi lo conosce professionalmente. Una fantastica storia di moda.

venerdì 2 ottobre 2015

Moda, realtà e finzione.

Tempo d’autunno, tempo di rientro. La rentrée. Tempo di verità. La città, il lavoro, il negozio, lo studio, l'ufficio. Il peso enorme di doveri, di compiti, di rapporti obbligati, di convenzioni da rispettare. Prima, invece, la passeggiata solitaria nei sentieri, il tuffo nel blu, il fruscio delle vele e delle ruote della bicicletta, la corsa del cane, o semplicemente l’ozio sul balcone di una periferia solitaria e inedita. La libertà. Improvvisamente ora la maestosa e amica natura dei boschi e del mare, dei fiumi e della rocce cambia respiro e diventa cittadina. Un’artificiale natura umanoide inventata dall’uomo dove asfalto e cemento, tram e auto e moto sono rapidi contenitori e veicoli di un’umanità metropolitana fatta di persone indaffarate e veloci nevrotizzate da un continuo contatto con altre, grazie alla protesi del telefonino, un via vai incessante di voci, di numeri, una selva di strade e semafori, un puzzle di orari incrociati e di spostamenti stressanti, abito qui ma lavoro là, io abito là ma lavoro qui. Tu vai e io vengo. Non c’è più tempo per niente, tutto è saturo, anche il cervello. Un peso quotidiano che si aggiunge al peso del lavoro, tiranno da otto ore in su. Ma peggio del tiranno lavoro c’è l’obitorio della psiche, il non lavoro, il tempo che diventa gratuito e trasparente, come l’acqua e l’aria, come il nulla del non fare. Dunque, per fortuna, il lavoro c’è, dove c’è, agognato tiranno. E dove c’è lavoro ci sono altri uomini e donne e ragazze, e la vita è comunque vibrante, un ping pong di contatti e di speranze. Facce, voci, gesti e vestiti. Dove c’è gente c’è il vestire, dunque la moda, e la non moda, ma sempre vestire. Persone e personalità, esuberanza e discrezione, timidezza e eccesso. Tempi difficili per l’economia, magri per il portafoglio, vetrine per tutti moda per pochi... Tempi di invidia per troppo denaro facile, tempi di attesa per un futuro sempre in arrivo ma su un binario sconosciuto. Almeno con il vestire si comunica esteriormente chi siamo o chi vorremmo essere o non essere. La libertà nell’abbigliarsi mai è stata disinvolta come oggi e consente a tutti di essere immagine di se stessi secondo i propri gusti. Immagine e finzione, magari fuori diversa da dentro, magari ambigua, magari volutamente falsa e fuorviante, comunque scelta e voluta. Ecco la potenza del vestire, e la Moda che la rincorre: non illuderti guardandomi, può darsi che io non sia come ti sembro… Tempi difficili di verità quotidiana collettiva e di apparenza estetica personale, con il vestire e non solo. Vieni avanti fantasia… Tu, ma solo per me. Fammi vivere, non sognare!

giovedì 1 ottobre 2015

Gruberfashion. "Otto e mezzo" on the stage.

L'anchor fashion seduta, si fa per dire, precariamente appoggiata sulla punta della sedia troppo alta, sbilanciata in avanti sui tacchi 32, imprigionata nei pantaloni stretti, in bilico, come se la pussy le potesse scappare spaventata dagli ospiti, o forse è un problema di ragadi?... la conduttrice soprattutto mannequin Lilli Gruber, addobbata Armani cambia ogni sera abito senza pietà e senza pudore, tanto non le costa niente. Il suo trucco e parrucco dura certamente più della trasmissione stessa e costa altrettanto, mezz'ora di finte domande e di finto sbigottimento di fronte ai rissosi interlocutori. 
Poi un po' di stupore e un pizzico di malizia (qualche volta, non troppo) in una battuta, pronta a ritirare la manina da birba, troppo audace. Lilli, la vita è bella quando è facile, vai rilassati,  otto e mezzo in avan-serata ti sorride, oltre ai colpi di sole, la naturalezza non è necessaria, l'autenticità è una sconosciuta. L'importante è il coiffeur.